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Iole: “L’odore del fango come a Sarno nel ‘98 la fortuna è essere vivi”

Da Sarno a Pisignano di Cervia. La storia di Iole: a 16 anni vide distruzione e morte ad Episcopio «Inevitabili la paura e il ricordo dei cari perduti»

«L’odore del fango come a Sarno nel 1998. Dopo 25 anni mi ritrovo nella stessa situazione. Sono stata fortunata ora ed allora, perché io e la mia famiglia siamo vivi». Iole Milone, da Sarno a Pisignano di Cervia, e dopo anni le stesse immagini di acqua e fango, case inondate, mani alzate per chiedere aiuto; gli stessi suoni di sirene dei mezzi di soccorso, di eliche degli elicotteri.


Sembra proprio il replay, quasi al rallentatore, di una crepa che si estende un po’ alla volta e squarcia i territori. Iole nel 1998 aveva 16 anni, viveva accanto all’ex ospedale Villa Malta, distrutto dalla frana di mezzanotte; una zona di Episcopio che risultò, poi, quella col più alto numero di vittime. Iole, con la sorella Irma, il papà Gaetano e la mamma Maria, riuscirono a mettersi in salvo. Dal giorno successivo il dramma delle conta morti. E tra le vittime anche il cugino, Gaetano, di 19 anni, col papà Aurelio.

«Una tragedia terribile, ricordo ogni istante. Con quanto vissuto ora qui, è inevitabile ritorni quella paura. Sono molto provata emotivamente. Sono tornata indietro nel tempo, al 5 maggio. Si sente prepotentemente il vuoto che ti porti dentro per la perdita delle persone care. Quando ho sentito gli elicotteri alzarsi in volo dall’aeroporto di Pisignano, il solo rumore mi ha fatto star male perché i ricordi mi hanno riportato a quella notte dove gli i mezzi sorvolavano la nostra zona, noi urlavamo per farci senti e farci aiutare». Iole, col marito Edoardo, e la figlia Giada di 12 anni, vive nelle nella zona occidentale di Cervia, confina con Castiglione e Cesena. Luoghi tutti attraversati dal Savio, il fiume la cui furia ha inondato intere aree seminando morte.
In città hanno un sistema di allerta ben strutturato da sempre, con telefonate guida che segnalano condizioni meteo critiche e misure da adottare.


La storia

«Noi siamo abituati alle allerte, ma stavolta abbiamo subito capito fosse diverso – racconta Iole – Abbiamo avuto l’allerta il lunedì. Dal giorno dopo vento e pioggia sferzavano la città, le acque non defluivano, il Savio ha iniziato ad ingrossarsi. A Cesena nel pomeriggio la prima esondazione, noi siamo stati col fiato sospeso perché abbiamo tanti amici lì, ci aggiornavano sulle condizioni, e tanti erano bloccati con le case invase dall’acqua. La notte è stata infinita. Mio marito con i miei vicini si sono organizzati a turno, ogni ora, per monitorare garage e cantine ed il funzionamento delle pompe idrovore. Il mercoledì mattina ci chiama il Comune per l’allarme evacuazione. Lì la paura ha preso il sopravvento.

Abbiamo cercato di organizzarci, noi stiamo ai piani alti del palazzo. Poco dopo l’acqua era tutta intorno al nostro condominio, arrivava dal fiume. Per fortuna dove viviamo la furia ci ha risparmiato. Nel tardo pomeriggio abbiamo visto l’acqua sgorgare e gonfiarsi proprio dalla terra, sotto i campi. Ci siamo spaventati. Eravamo bloccati. La fortuna è stata che non abbia mai raggiunto la nostra casa. Mia figlia probabilmente non ha avuto la piena percezione, anche se credo abbia mascherato la paura. Sentiva me e suo padre parlare, ha visto il fango invadere le campagne. La situazione ora è più sotto controllo, ma i giorni scorsi sono stati terribili e, per me, emotivamente molto difficili. I comuni si sono organizzati per gestire l’emergenza anche in maniera preventiva, non come accaduto a Sarno 25 anni fa.

La manutenzione c’è, noi siamo costantemente avvisati, dai sindaci, dalla protezione civile che fa il monitoraggio. Sono presenti le forze dell’ordine, in questi giorni l’Aeronautica ha prestato soccorso con elicotteri. Questo è stato un evento straordinario, anche chi è anziano non ne ha memoria. C’è sempre chiaramente bisogno di fare prevenzione in ogni modo. Mi ha colpito molto la forza dei romagnoli, reagiscono con una grinta che non ho mai visto. Tutti a spalare fango, tendersi la mano. Una tristezza alleviata dal non sentirsi soli».

Leggi la storia di Ida, 42 anni, sopravvissuta alla frana di Sarno ora abita nel Ravennate con la famiglia

 

 

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