La storia di Ida, 42 anni, sopravvissuta alla frana di Sarno ora abita nel Ravennate con la famiglia
Di Rossella Liguori
«Rivivo la tragedia di Sarno. Mandate più mezzi di soccorso, abbiamo bisogno di aiuto». Ida Gragnaniello ha 42 anni ed è una sopravvissuta della terribile alluvione del 5 maggio 1998. La sua casa era al piano terra di un palazzo in viale Margherita a Sarno e fu inondata, devastata dal fango. Riuscì con i suoi genitori e sua sorella a mettersi in salvo raggiungendo in extremis i piani alti.
A distanza di 25 anni e di 600 chilometri, Ida è da giorni al primo piano della sua abitazione a Conselice, provincia di Ravenna, e tutto intorno è acqua mista a fango. A ridosso del canale destra Reno l’idrovora non funziona per mancanza di corrente elettrica e lo sguardo riesce a catturare l’immagine dei tetti delle case e di strade, ormai, inghiottite. Il sindaco ha ordinato a tutti i cittadini di «mettersi in sicurezza recandosi ai piani superiori delle proprie abitazioni con cibo, acqua e se possibile il cellulare». Un territorio sfregiato dal maltempo in una emergenza che si fa fatica a gestire, tra persone da portare in salvo, zone completamente devastate, famiglie intrappolate.
Ida e suo marito Mario, con le figlie Chiara di 19 anni e Federica di 15, stanno vivendo momenti in cui il giorno e la notte si confondono. Le sirene in lontananza, le telefonate ininterrotte che segnano le ore. Il buio e l’angoscia, la luce che irradia le campagne restituisce la foto di una terra irriconoscibile.
“Solo chi ha vissuto la tragedia di Sarno può capire cosa stiamo vivendo qui”
Per Ida è un qualcosa di già terribilmente vissuto. Gli occhi si fermano davanti alla linea del fango, il respiro si fa corto. La mente torna inesorabilmente a 25 anni fa quando la notte tra il 5 e 6 maggio fu sconvolta dalla morte: 137 le vittime. «Solo chi ha vissuto la tragedia di Sarno – dice Ida, che nel 1998 aveva l’età delle sue figlie oggi – sa che cosa si sta vivendo qui. Ho subito chiamato i miei genitori per rassicurarli. Ci sono persone che non hanno notizie dei familiari da tre giorni e non sappiamo come aiutarle. Molte temono il peggio e sono disperate». Esondazioni, frane, allagamenti. Strade bloccate dal fango, altre crollate.
L’Emilia Romagna sembra sprofondare, e sotto la sferza si contano vittime e sfollati. «Un dramma», racconta Ida: «Purtroppo la storia segna, ma non insegna. A cosa sono serviti i morti di Sarno se accade ancora questo? Non si è fatto abbastanza e ancora non si fa abbastanza.
Ora qui servono più mezzi. Nella mia zona ancora non abbiamo visto soccorsi. Le istituzioni dove sono? Quando parlano di salvaguardia, cosa intendono davvero? Io ho visto Sarno, sono immagini che si ripetono. La frazione dove vivo è in parte stata risparmiata – continua Ida – ma l’acqua non si arresta e continua a salire.
Non ci sentiamo più al sicuro, probabilmente lasceremo casa per passare la notte altrove. È un momento tragico. Siamo senza acqua, nei giorni scorsi abbiamo provato ad arrivare ad Imola, ma senza successo perchè il canale che costeggia la provinciale è esondato e la strada è rischiosa.
Ci sentiamo soli, non vedo tanti soccorsi in giro. Ci sono persone ancora intrappolate nelle proprie abitazioni. Sicuramente la situazione è drammatica ed ha investito diverse zone, ma non accetto si venga trattati così, come se fossimo abbandonati», si arrabbia la donna.
Ida è sotto choc. «Per me in queste ore è come tornare indietro nel tempo e sto davvero male. Vedo le miei figlie impaurite, agitate e rivedo me. Alle istituzioni – conclude – vorrei dire tante cose. Hanno avuto mesi di siccità per poter pulire i letti dei fiumi e gli argini. Qui non consentono di posizionare le trappole per istrici e nutrie che scavano gli argini e li rendono deboli per salvaguardare la specie, ma dimenticano di proteggere le persone, i bambini. Solo pochi giorni fa il fiume aveva già rotto un argine, poi ripristinato e subito venuto di nuovo giù. Posso dire solo una cosa: siamo soli, che Dio ci aiuti!».
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