Frana del 5 maggio 1998 – D
ai legali di alcune parti civili il penalista Antonio Carrella ed il civilista Giuseppe Mauriello.
ai legali di alcune parti civili il penalista Antonio Carrella ed il civilista Giuseppe Mauriello.
“Quali difensori di numerose parti civili e familiari delle vittime degli eventi franosi che si verificarono a Sarno il 5 Maggio 1998 ci sentiamo in dovere di formulare alcune osservazioni in ordine all’emendamento alla legge di stabilità 2016 promosso dall’on.le Edoardo Fanucci e relativo a “speciali elargizioni” che lo Stato intenderebbe riservare ai superstiti.
Una superficiale lettura del testo anticipato dalla stampa, cui politici locali ed esponenti del Partito Democratico hanno dato ampia eco per testimoniare la vicinanza delle istituzioni ai danneggiati, è sufficiente ad evidenziare criticità tali da far ritenere l’iniziativa gravemente lesiva dei più elementari valori costituzionali.
E’ bene innanzitutto ricordare, perché il Legislatore pare volerne abolire ogni traccia, che la Corte di Appello di Napoli, con sentenza n. 5996/2011 del 20.12.2011, affermava la penale responsabilità del Sindaco di Sarno Gerardo Basile per il reato di omicidio colposo in relazione a tutte le 137 vittime del tragico evento. Inoltre, ritenendo che il suddetto imputato avesse agito quale Capo della Protezione Civile locale e Ufficiale di Governo, emetteva sentenza di condanna generica al risarcimento dei danni in favore di tutte le parti civili costituite, nei confronti del Comune di Sarno, del Ministero dell’Interno e della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
I ricorsi per cassazione proposti dall’imputato e dai citati responsabili civili venivano tutti rigettati, sicchè la decisione del Giudice di appello, in data 26.3.2013, diveniva irrevocabile.
Poiché i responsabili trascuravano del tutto di provvedere al risarcimento indefettibilmente posto a loro carico, i danneggiati promuovevano il giudizio civile per la quantificazione del danno loro spettante. Si tratta per lo più di persone che hanno vissuto e tuttora vivono situazioni di particolari gravità: bambini rimasti orfani e soli per la scomparsa di tutti gli altri familiari; madri sopravvissute con gravi handicap fisici alla morte dei loro figli e del coniuge; nuclei familiari costretti a vivere in una condizione di povertà assoluta per la dipartita del capofamiglia, unico percettore di reddito.
Ovviamente, per tali soggetti danneggiati, un ordinamento progredito e raffinato quale quello italiano, orientato alla considerazione più ampia del valore della persona, prevede la risarcibilità di danni di indole patrimoniale e non patrimoniale che, come può ben intuirsi, nel caso di specie risultano particolarmente cospicui proprio in ragione dell’enormità della lesione subita dai danneggiati.
Ebbene, a quanto precede, l’iniziativa legislativa di cui si è detto oppone singolarissime risposte. Di esse si daranno brevi ma significativi cenni, prescindendo dall’atecnicismo veramente disarmante con cui le disposizioni in commento sono formulate.
Lo Stato, anzitutto, intenderebbe stanziare somme per speciali elargizioni a favore delle vittime a totale indennizzo della responsabilità civile propria e dell’Ente Comunale.
Quindi, è lo stesso soggetto condannato in via definitiva, a determinare l’importo dovuto ai danneggiati corrispondendo, non già il risarcimento come dovuto in forza della sentenza irrevocabile di condanna, bensì un indennizzo sotto forma di “elargizione” che, per quanto accompagnata dall’aggettivo “speciale” quasi fosse privilegiata, resta un sinonimo, nella lingua italiana, di “regalia” o “offerta generosa” o addirittura “elemosina”.
Proprio tale ultimo termine risulta il più appropriato perché di “elemosina“ effettivamente si tratta.
E’ infatti previsto che “per ciascuna vittima è attribuita ai familiari una somma pari ad euro 100.000,00”. Detto importo è stabilito al lordo delle eventuali somme già percepite e con funzione omnicomprensiva. Ciò significa che la somma sarebbe satisfattiva anche di interessi e rivalutazione monetaria, che, con riferimento alla vicenda, hanno maturato una decorrenza quasi ventennale.
Mentre in base alla legge, ogni familiare superstite (coniuge, figlio, fratello, nonno e nipote) avrebbe diritto al risarcimento, l’emendamento prevede una specifica gradazione dei soggetti meritevoli della elargizione. Così ai figli l’indennizzo spetterebbe solo se, all’epoca del tragico evento, convivevano con la vittima ovvero nel caso in cui sia venuto a mancare anche il coniuge superstite. In parole povere, il figlio che all’epoca dei tragici fatti aveva un proprio nucleo familiare non concorrerà alla benevola attribuzione e, pertanto, nulla gli sarà riconosciuto per la morte del padre.
Un trattamento parimenti deteriore è riservato ai fratelli e alle sorelle che sono ammessi ai benefici sempre che essi convivevano con il defunto. Ciò in totale dispregio della sentenza di condanna emessa dal giudice penale, ormai irrevocabile e, più in generale, della giurisprudenza granitica che ha costantemente affermato la legittimazione dei fratelli per il sol fatto del legame anagrafico e della normalità del rapporto.
Nell’emendamento si fa ben presente che l’indennizzo è corrisposto “nei limiti dell’autorizzazione di spesa” e dopo che il Sindaco del Comune di Sarno d’intesa con il capo dipartimento della protezione civile, quindi, si ripete, gli stessi soggetti convenuti in giudizio per il risarcimento, abbiano non solo individuato i familiari aventi diritto ma anche determinato la somma spettante a ciascuno di essi.
Se permangono incertezze inquietanti su come la procedura possa espletarsi e su quali strumenti siano a disposizione dei familiari non ammessi all’indennizzo, unico dato certo è che “i contenziosi aperti sono dichiarati estinti a decorrere dall’entrata in vigore della presente legge”. In sostanza senza neppure sapere se gli interessati accetteranno le somme loro proposte.
Il carattere palesemente abnorme della previsione circa la sorte dei contenziosi lascia presumere che l’unica preoccupazione dei solerti ed efficienti esponenti politici è quella di chiudere il sipario su di una vicenda che avrebbe meritato la massima attenzione e sensibilità, mettendo al riparo da conseguenze i responsabili di lunghi anni di dinieghi e inefficienze.
Ciò mercè la corresponsione di un importo del tutto simbolico e ben lontano da quello che i superstiti (questa volta tutti) avrebbero percepito se il loro caro fosse perito, piuttosto che nel disastro sarnese, in un banale incidente stradale.
Può quindi concludersi manifestando l’auspicio che tale speculativa iniziativa venga ritirata, mettendo mano ad un serio e consapevole dialogo tra le parti improntato al massimo rispetto dei principi costituzionali”.