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Covid – “Mio padre, medico da un anno in prima linea”. La commovente lettera

Covid – “Mio padre, medico da un anno in prima linea”. La commovente lettera

Rossella Torre, scrive come un fiume in piena sul suo profilo social. Lo fa mettendo in fila gli ultimi 12 mesi del suo papà, il dottor Gerardo Torre, in prima linea contro il covid. 

E’ un medico territoriale, ha seguito oltre 1000 pazienti, un solo decesso. 

Rossella racconta l’assistenza fatta con abnegazione, passione, umanità, presenza costante. E lo fa in una sorta di lettera che arriva al cuore e fa riflette su quanto ci sia necessità di puntare sulla medicina territoriale soprattutto in questo momento in cui il numero dei contagi sale, la pressione sugli ospedali si fa sempre più critica. 

ROSSELLA TORRE : “Mio padre ed i suoi pazienti che sono persone e non numeri” 

Mio padre, Gerardo Torre, non è uno scienziato, non è un virologo o un epidemiologo, è un medico di territorio, di quelli che considerano i pazienti persone e non numeri, di quelli che quando hanno fatto il giuramento di Ippocrate è scesa la lacrima. 30 anni di storia sul territorio si fanno sentire, 30 anni di “clinica” sono oro colato in questo momento tragico.

Da marzo è in prima linea a curare le persone malate di covid, credo oramai uno dei pochissimi sul territorio dell’Agro Nocerino sarnese, con sconfinamenti che sono arrivati anche in Brasile in videochiamata.

 

Ogni giorno ci sentiamo al telefono, oppure messaggiamo per whatsapp e ogni giorno gli chiedo dei suoi pazienti che oramai, sempre più numerosi, riesco a ricordare per precise caratteristiche Il prete, le suore, quella di via corallo, la signora con 66 di saturazione, il figlio di, lo zio di, quella di Barbazzano e così via Insomma c’è un sottobosco di malati che voi non riuscite neppure a immaginare, gente tendenzialmente dai 60 anni in su che ripete sempre la stessa cosa quando vede mio padre varcare la porta “Dottore aiutatemi, ma se devo morire voglio morire a casa mia” Finora 1 morto su 1000 pazienti visitati, tra l’altro particolarmente complicato.

Per il resto tutti guariti, mai arrivati a intasare gli ospedali, gente che stava male male perché lasciata e abbandonata nella solitudine e nello sconforto più totale, senza un medico di base o qualcuno dell’Asl che desse un indirizzo terapeutico. La loro unica fortuna è stata acchiappare, prima che succedesse l’irreparabile, il contatto di mio padre. Perché una cosa l’ho capita molto bene di questo virus. Se preso subito, con le terapie giuste, passa e non te ne accorgi neppure, ma bastano solo 4/5 giorni di terapia sbagliata o “di vigile attesa” e ti ritrovi con la polmonite.

E dopo 4/5 giorni altro che Tachipirina o Vitamina D, ce la fai solo con cure pesanti, serissime, tarate sulla singola persona che, come sapete, porta con sè la sua anamnesi storico-patologica.

E queste terapie, (che oramai ho imparato a memoria anche io) possono essere fatte con il contagocce solo se il medico va a casa a visitare! Chi ha il diabete o chi è iperteso non può certamente fare la terapia di un giovane sano, senza patologie! E allora, hai voglia a combattere un’epidemia di un virus aereo solo con i Lockdown, la verità è che nessuno ha puntato sulle terapie domiciliari, è venuta meno la fanteria di 50mila medici di medicina generale di cui questo paese dispone, a combattere sono rimasti i medici ospedalieri che per quanto possano sforzarsi non possono reggere l’onda d’urto.

n questa guerra i soldati si sono tirati indietro, sono scappati a gambe levate, scappano ancora oggi che sono vaccinati. Non sono degni di chiamarsi medici. Sono certa che la storia sarà spietata con loro. Intanto voi, se avete bisogno, se siete a casa con il covid e nessuno vi pensa, se state male, sapete chi chiamare.

(Sempre se Nunziatina glielo consentirà, dato che oramai non regge più il telefono che squilla 500 volte al giorno! Santa donna anche lei!)

 

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