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Anniversario frana, sul web messaggi choc: “Dovevate morire tutti”

Frana Fb"L’alluvione doveva farvi fuori tutti”. “Nessun rispetto. Se l’alluvione li avesse spazzati via, io gli avrei dato l’ultima spinta”. Sono i messaggi rimbalzati sui social network appena sette giorni fa, scatenati da presunti maltrattamenti ai cani ospitati nel canile cittadino. Sono parole messe in fila che dilaniano, in cui sembra che l’umanità e l’amore verso gli debbano avere come contropartita la crudeltà verso gente che 17 anni fa ha fatto i conti con 137 morti, tra cui tanti bambini. Commenti brutali, impietosi in cui si disperde anche il valore ed il diritto al dolore. E le sfumature riportano alla mente ciò che accadde qualche giorno dopo la tragedia del 5 maggio 1998 che seminò morte, distrusse intere famiglie ed interi quartieri a Sarno, Quindici, Siano e Bracigliano. Messaggi di 17 anni fa messi nero su bianco su due cartoline che giunsero all’ufficio postale di Sarno spedite da Bologna e da Vallecrosia, vicino Bordighera. La prima: “Duecento sono pochi. Dovevate morire tutti”. Poi un’altra indirizzata a “i cittadini di Sarno, Terronia” e nel testo: “200 camorristi schiacciati. Crepate bastardi. Viva la melma”. L’emulazione di quanto accade negli stadi con quel “Vesuvio lavali col fuoco” o il coro “grazie sisma”. Una linea feroce che non tiene conto delle tragedie, della distruzione, delle vittime; che non rispetta il dolore dei sopravvissuti. La città dei Sarrastri fece i conti con il più alto numero di vittime e contò morti per settimane, mentre si continuava a scavare nella speranza di trovare qualcuno ancora in vita. Si scavava ovunque e con ogni mezzo. Con le ruspe, con le pale, con mani che grondavano sangue. Si cercava senza sosta, in quei solchi di fango che il sole quasi cementificava; nella melma gettata a valle dalla montagna con colate rapide che si susseguirono nella notte tra il 5 ed il 6 maggio. Volontari giunsero da ogni parte del mondo e si unirono alle ricerche disperate. Giovani e meno giovani in una catena umana di solidarietà che attraversava l’intero paese. Da Episcopio, la frazione maggiormente colpita, fino a Lavorate, passando per il centro di coordinamento delle operazioni ricavato nello spiazzo del mercato ortofrutticolo. Una distesa di morte ai funerali di Stato che furono celebrati nel quadrato di gioco dello stadio, unico posto in cui poter mettere in fila le bare, da quelle piccole e bianche a quelle lunghe, lucide, incise. Una sequenza di 95 feretri, gli altri 42 morti vennero ritrovati nei giorni successivi.

Rossella Liguori

 

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