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Sarno saluta Raffaele D’Angelo. Il ricordo e la storia

di Gaetano Ferrentino

“La morte di Raffaele D’Angelo ha lasciato tutti esterrefatti. D’Angelo ha rappresentato una importante pagina politica della nostra città. Una importante pagina politica del vecchio PCI locale e, poi, dei Ds, Pds, PD. Il concetto di “padre nobile” non gli si addice semplicemente perché il suo temperamento era di natura estremamente popolare. E non era un difetto. Anzi. D’Angelo, alla fine degli anni ottanta e inizio dei novanta, ha rappresentato la voglia di rinnovamento del PCI, che usciva fuori dalle secche delle amministrazioni Franco e D’Ambrosio con tanti interrogativi esistenziali. Il culmine fu la sua elezione a consigliere provinciale della Quercia. Riuscì, comunque, a far risorgere l’attivismo di un partito in continua discussione, aggregando tanti intorno e facendo bene a un dialettico spirito di militanza che oggi non esiste più. Memorabile il suo dualismo con Antonio Russo, nemici-amici. Uscito dall’impegno istituzionale, dopo aver ricoperto la carica di Assessore al Commercio nella prima Giunta Canfora, consegnava il suo impegno politico ai dibattiti di un partito in continua trasformazione dalla Bolognina in poi e, nel quale, spesso, si ritrovava con disagio. La passione per il calcio e, comunque, la sua voglia di creare aggregazione, lo portarono ad essere presidente dell’Ippogrifo, squadra che sancì la rinascita del calcio locale negli anni 2000. Sotto la sua presidenza, l’ippogrifo conquistò la Coppa Italia regionale e arrivò alla finale di Roma, persa per 2-0 col Viareggio. Uno dei massimi picchi del movimento locale, che consenti’, comunque, il ritorno in serie D, categoria che fu mantenuta per due anni. D’Angelo era ovviamente anche uno stimato professionista, che si dimise da dirigente dell’Utc per intraprendere la libera professione negli anni del boom immobiliare. Il suo temperamento energico e trascinatore e la sua divertente capacità critica, che gli ha fatto sempre guadagnare il rispetto di tutti, lasciano un enorme vuoto, come quello dei sediolini della penultima fila della tribuna dello Squitieri che, ad ogni gara casalinga, occupava insieme agli amici di sempre”

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