«Ho iniziato a fare uso di cocaina nel 2012. In questi anni ho speso circa 30-40 mila euro per l’ acquisto di droga. E oggi purtroppo devo ancora pagare l’ acquisto di 1.700 euro. Ho deciso di smettere avendo capito il male che sto arrecando alla mia persona, ma soprattutto per il debito che ho accumulato in questi anni con il mio unico spacciatore. In molte occasioni per comprarla ho venduto oggetti personali». È solo uno dei tanti verbali che i carabinieri hanno riempito ascoltando gli assuntori dell’ indagine su Sarno. Il loro è un ruolo chiave, perché ha permesso di individuare i gruppi dei pusher, muovendo così le singole contestazioni. In alcuni casi gli investigatori non hanno dovuto neanche faticare per identificarli, visti gli alias con i quali erano conosciuti: «Il topo», «Zoccola», «Barbiere», «O’ piastrellista», «Sordomuto», «O’ Marziano», «O’ Riggiular», «L’ Avvocato» e tanti altri ancora. Alcuni di questi vengono anche intercettati quando spiegano di non poter pagare i loro debiti: «Non te lo so dire preciso il giorno; Spero che fai più presto perché mi servono. Sono passati appena 9 mesi di scadenza non posso più aspettare, baci». Dello stesso tono sarà un’ altra conversazione tra pusher e acquirente: «Le prese in giro non mi piacciono ok, a dopo, spero che sei stato di parola da uomo»; «A parlare a chiacchiere no, a me dovete darmi i soldi è inutile che ci vediamo». Nell’applicare le misure cautelari, il gip Paolo Valiante ha sottolineato l’ assenza di «remore, da parte degli indagati, a commerciare sostanza stupefacente non appena sono stati scarcerati. Si tratta di una circostanza che conferma quanto poteva già fondatamente ipotizzarsi dalla osservazione delle modalità delle condotte fin qui passate in rassegna, e cioè che per gli indagati l’ attività dilettosa in materia di sostanze stupefacenti costituisca praticamente un sistema assurto a stile di vita». Per quelli raggiunti da misura cautelare, conclude il gip, vi è «la sussistenza non solo della tipologia di modalità emerse durante lo spaccio (dedizione quotidiana all’ attività), ma anche la certezza di escludere una spontanea interruzione del fenomeno di spaccio da parte degli autori in questione» Il Mattino